Agnese, sedici anni, viene sedotta dal fidanzato della sorella Matilde. Il babbo pretende le nozze riparatrici, ma il seduttore nicchia. Costretto con le maniere forti, quando l'uomo accetta è Agnese a rifiutare. Il gentore non demorde e la giovane minaccia di rinchiudersi in convento.
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Sedotta e abbandonata si muove apparentemente sulla falsariga di Divorzio all'italiana. In quel caso il delitto d'onore diventava il grimandello per uscire da una situazione coniugale sgradita. In poche parole un modo per affrettare il "finche morte non vi separi". Qui invece ci troviamo di fronte all'onore in tutte le sue sgradevoli sfaccettature. In nome del mantenimento dell'onore e della rispettabilità della famiglia viene commesso di tutto e di più, ma malgrado i sotterfugi tutto deve essere esposto e ratificato pubblicamente in virtù dell'onore e della rispettabilità che deve essere mantenuta integerrima. Quindi il film di Germi si muove più incisivamente nei territori del grottesco e dell'eccesso, i personaggi mostrano ognuno il loro aspetto più meschino e ipocrita. La povera protagonista si ritrova quindi a subire gli eventi, nemmeno quando cerca di sottrarsi alle trame del padre (un bravissimo Urzì, che con Germi dava sempre il meglio e qui sicuramente la sua migliore interpretazione). La donna semplicemente non conta nulla. Un ritratto virulento sulla Sicilia e sull'Italia dell'epoca.